Virus, batteri e Co...

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HIV

Virus

H.I.V.


Virus: Esistono due tipi, il tipo 1 e il tipo 2 (questo sembra avere una patogenicita' inferiore rispetto al tipo 1). Questi due virus sono da considerarsi relativamente distinti sia da un punto di vista strettamente sierologico che da un punto di vista geografico. La loro diffusione, infatti, varia in base alle differenti aree goegrafiche del pianeta.

Il Virus dell' HIV appartiene alla famiglia dei retrovirus, si tratta di una famiglia di virus un po' particolare, essi vanno contro il dogma della biologia molecolare secondo cui l'informazione viaggia dal DNA alla proteina passando attraverso intermediari RNA.

I retrovirus portano l'informazione genetica sotto forma di molecole di RNA. Nel virus dell HIV vi e' pero' un altra novita che non e' presente in nessuna altro virus, al loro interno vi e' un enzima chiamato trascrittasi inversa.

Questo enzima utilizza l'RNA a mo' di stampo e inverte il flusso convenzionale dell'informazione genetica sintetizzando una "copia" di DNA complementare che alla fine si integra nel genoma della cellula ospite. Da qui il nome di retrovirus in quanto il loro modo di replicazione e' inverso o "retro".

V
ediamo ora come sono costituiti i retrovirus: I retrovirus sono costituiti da un piccolo virione sferico circondato da un involucro lipidico. Il genoma contiene due identiche molecole di RNA legate tra loro. Per la loro replicazione i retrovirus ( quindi anche l' HIV ) necessitano di tre geni virali, Il gene GAG, il gene POL ed il gene ENV ma il genoma dell' HIV contiene almeno altri sei geni con la funzione di codificare per funzioni che sembrano essere importanti nella regolazione del complesso ciclo di replicazione.


Contagio:
Il virus e' stato riscontrato in numerosi fluidi corporei tra cui: Fluidi seminali, secrezioni uterine, latte materno, urina, saliva, lacrime, sangue periferico, secrezioni bronchiali.

Al momento pero' non si conoscono casi di persone infettate attraverso saliva, lacrime, urine e secrezioni bronchiali

Occorre pero' rimarcare che le piu' frequenti vie di contagio sono:

- Rapporti sessuali
- condivisione di aghi e siringhe infetti
- trasfusioni di sangue e derivati ematici
- trapianto di organi e tessuti

Chiaramente questa scala di importanza non riflette la situazione Italiana ma quella mondiale.

Al momento non vi sono prove di laboratorio o epidemiologiche che provino la trasmissione del virus attraverso insetti ematofagi ( ad esempio le zanzare ).

Di tutti i neonati nati da madri sieropositive una percentuale compresa tra il 15 ed il 30% risulta essere infetto. Nel caso di bambini allattati al seno la percentuale sale al 50%.

Il rischio di contagio con oggetti taglienti o pungenti, come nel caso del personale sanitario, sembra attestarsi sun modestisimo 0,5% contro un 25% tipico di chi si ferisce con oggetti contaminati dall epatite B.


Incubazione:
Come tempo di incubazione si considera il tempo che intercorre tra il contagio e lo svilupparsi di anticorpi evidenziabili con i test. Si tratta di un periodo che va' da un minimo di un mese fino a tre mesi, ma in alcuni casi si puo' arrivare anche a 6 mesi.

Per quanto concerne invece lo svilupparsi dell AIDS si va' da un minimo di un anno fino ad oltre 15 anni ma la media si attesta su un tempo inferiore ai 10 anni


Diagnosi:
Il test piu' comunemente usato e' l'ELISA ( saggio immunoassorbente legato all'enzima ), consiste nel collocare un campione di siero del paziente in piccole cunette di plastica a cui e' legato l'antigene HIV.

Se sono presenti anticorpi, essi formeranno un complesso con l'antigene HIV, quaindi dopo aver eliminati i componenti che non sono riusciti a prendere parte alla reazione si agginge un antisiero costituito immunoglobulina antiuomo legata ad un enzima facilmente saggiabile come, ad esempio, la perossidasi. A questo punto e' possibile riscontrare la presenza di anticorpi anti-HIV nel campione addizionando alla fine un sub-strato enzimatico cromogenico.

Qualora questo test risulti positivo si pratica, come conferma, il test gel-elettroforesi ( piu' noto come WESTERN BLOT ) o, talvolta l'immunofluorescenza.

Il WESTERN BLOT rivela anticorpi contro singoli polipeptidi virali separati mediante elettroforesi e impressi su un filtro membranoso.

Il test ELISA prsenta una falsa positivita' ( in condizioni di salute normale del paziente ) di circa lo 0.4%. Quando si pratica il test WESTERN BLOT come conferma dell'ELISA si arriva invece ad una falsa positivita' di circa lo 0.005%.

Altri test disponibili sono:

- La ricerca dell antigene p24. L'antigene p24 e' la proteina del nucleocapside virale ed e' prodotta dall antigene GAG, la sua presenza indica replicazione virale in atto. Bisogna pero' dire che questa proteina non e' sempre riscontrabile nel siero dei pazienti.

- La reazione polimerasica a catena ( PCR ), attualmente e' utlizzata solo nei laboratori di ricerca ma puo' essere usata anche per scopi diagnostici come nel caso dei lattanti nati da madri infette o quando il test WESTERN BLOT da risultati indeterminati.

- Un altra possibilita' consiste nel coltivare l'HIV a partire dai linficiti dei pazienti infetti ma si tratta di un saggio tecnicamente molto difficile da eseguire e di norma e' riservato ai laboratori di ricerca.


Cura:
Al momento una cura definitiva non esiste. Di norma si utilizza un complesso di farmaci costituiti da uno o due antiretrovirali e un inibitore della proteasi che riescono ad agire sulle diverse fasi del ciclo riproduttivo del virus.

Dai risultati ottenuti sembrerebbe che la terapia sia in grado di mantenere il livello di virus nel sangue a livelli cosi' bassi da non essere piu' rilevabile con i test attualmente in uso ma per il momento non si e' ancora rivalata in grado di eliminare completamente il virus dall organismo.

Tra l'altro e' necessario ricordare che si tratta di una terapia pesante con non trascurabili effetti collaterali e la necessita' che essa si protragga per tutta la vita del paziente.

Alcuni pazienti sembrano essere resistenti all'infezione o "lungosopravviventi", sembra che cio' sia dovuto alle chemochine. Si tratta di proteine che si trovano sulla superficie dei linfociti T e che sono necessarie per l'ingresso dell'HIV nei linfociti stessi.

In queste due categorie di persone queste proteine risultano alterate per un anomalia genetica.




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